domenica 20 dicembre 2009

ALLERGIE E INTOLLERANZE ALIMENTARI








Un giovane
cavernicolo cammina tranquillo in cerca di cibo quando, ad un certo punto,
raggiunge un campo di menta il cui aroma si spande nell’aria.  




Improvvisamente
egli viene attaccato
da una tigre dai denti a sciabola: prontamente si
attiva la reazione per la difesa e la fuga da parte del suo sistema limbico, e
riesce a fuggire, salvandosi.








Cosa
succederà a questo punto?








Ogni volta
che sentirà l’odore di menta lo assocerà al segnale di pericolo e
si attiverà la produzione di istamina
che è tipica di una reazione allergica.








L’allergene, che non è
aggressivo per l’organismo, scatenerà la reazione ogni qualvolta verrà recepito
dai sensi, evidenziandosi come allergia.










L’equazione
odore di menta=pericolo” rimarrà residente a livello sub-cosciente fino
a che non avverrà un ri-apprendimento








Lo stesso
vale per le intolleranze alimentari: un sapore, un odore di cibo assunto in una
particolare situazione conflittuale di paura o di pericolo determinerà una
intolleranza.








Rammentando
il principio della Traslazione Metaforica, se il bambino moderno si
trova ad affrontare una situazione che interpreta come pericolo, in presenza di
allergeni nell’ambiente o in caso di assunzione di un determinato cibo potrebbe
sviluppare rispettivamente un’allergia o un’intolleranza alimentare.








Poniamo
che un bambino senta i genitori che minacciano di lasciarsi smembrando la
famiglia, oppure che un genitore gli metta paura dicendogli che se non farà il
bravo lo abbandonerà nel bosco o lo manderà in collegio: a seconda del tipo di
approccio del genitore o della sensibilità del piccolo, questi potrebbe vivere
 un conflitto di paura di abbandono o di separazione dai cari.








L’abbandono
e la separazione per il cucciolo d’uomo significa rischio di morte,
pertanto, analogamente al giovane cavernicolo, in presenza di allergeni si
avrà, con buone probabilità, lo sviluppo di un’allergia palese o latente che
potrà venire riattivata successivamente in presenza di una
conflittualità analoga.








La
risoluzione del conflitto
o il semplice ri-apprendimento della
lezione imparata durante l’evento traumatico determinerà la scomparsa
dell’intolleranza o dell’allergia
.














L’intolleranza
alimentare non va confusa con la circostanza di un cibo che ci rimane sullo
stomaco perché abbiamo un problema funzionale a quell’organo, in quanto
trattasi di tutt’altra faccenda.








L’assunzione
di cibi pesanti in presenza di difficoltà digestive è di natura differente
rispetto alle intolleranze alimentari che possono riguardare cibi che
normalmente non necessitano di particolare impegno per la loro elaborazione.








Intolleranze
ed allergie non sono malattie, non sono legate ad una disfunzione, ma possono
rendere veramente problematica, talvolta, la nostra esistenza.





mercoledì 9 dicembre 2009

IL CONFLITTO PSICO-MOTORIO



I conflitti Psico-Energetico-Biologici  agiscono direttamente sui centri energetici e sui meridiani, creando una disfunzione ed un blocco in maniera sensata e predeterminata a seconda dell’ambito colpito e della tipologia del conflitto.


I conflitti Psico-Motori sono dei conflitti Psico-Energetico-Biologici che colpiscono un particolare meridiano tra quelli che passano negli arti, determinando difatto un vero e proprio problema funzionale, sia esso meccanico o dovuto al dolore procurato.

In tale caso la comprensione del conflitto può essere effettuata ragionando su un punto fondamentale, ponendosi la seguente domanda:
"Cosa mi impedisce di fare?" questo dolore, o "Cosa mi costringe a fare?"

Per esempio, il mammifero sociale (come l’animale uomo) di fronte ad un conflitto territoriale importante avrà un risoluzione psico-motoria sulle gambe che lo porterà a bloccarsi per difendere il territorio o come segnale che ha sbagliato direzione e si sta allontanando dal suo territorio o dal branco.

Citiamo il caso di una madre che riferiva un dolore alla spalla sinistra tale da invalidarle la possibilità di sollevare il braccio oltre gli 80° circa rispetto alla verticale.

Il problema si è protratto per cinque mesi, durante i quali sono state effettuate alcune terapie classiche senza risultati apprezzabili.

Alla donna veniva riscontrato un blocco sul meridiano sinistro del polmone, all’altezza dell’articolazione della spalla. 
Questa disfunzione avviene spesso per le preoccupazioni nei confronti di persone della famiglia, in particolare, in caso di madre destrorsa, della prole.

Subito il problema poteva essere identificato in una particolare preoccupazione del momento nei riguardi del figlio.

Agendo sullo sblocco del meridiano attraverso opportune tecniche pressorie e bioenergetiche mentre si agiva mediante tecniche subliminali sulla problematica psichica, ecco che, quasi magicamente, il problema veniva risolto all’istante e definitivamente.


Il conflitto era di tipo Psico-Motorio.

Qual è dunque la risposta alla domanda di cui sopra?

Il dolore le impediva di allargare il braccio preposto a tenere in braccio il figlio, costringendola a trattenerlo per curarlo presso di sé, nonostante il figlio non fosse più in età da essere tenuto in braccio.

Ricordiamoci che si tratta di una Traslazione Metaforica della problematica della donna cavernicola che, a differenza delle madri moderne, smette di preoccuparsi del figlio non appena autosufficiente, mentre per le nostre mamme, siamo sempre i loro cuccioli… anche a 60 anni!

mercoledì 25 novembre 2009

LA SOFFERENZA



"Perché
soffro?






Vivo
la mia vita di tutti i giorni, lavoro, mangio, esco con gli amici, ho una
relazione, ho una famiglia... e soffro.






Non
capisco cos'è questa sofferenza, questo malessere che mi consuma da dentro.
 


Non capisco... non mi capisco, ma soffro!"
 


La sofferenza psicologica, cos'è, a cosa serve?




Una
Ferrari di formula uno è un capolavoro di ingegneria, tutti la ammirano,
tutti la vorrebbero guidare, altri la invidiano. 




Beh,
vi assicuro che se questa Ferrari si trovasse a percorrere una strada paludosa
e piena di buchi si sentirebbe un inutile ammasso di ferraglia e kevlar!






Ed
una motoslitta che si muove veloce e agile sulla strada innevata, come
si sentirebbe su una splendida pista liscia, ben asfaltata, larga e senza un
filo di neve?






Un inutile ammasso di ferraglia,
ovvio!














La sofferenza sopraggiunge quando per
troppo tempo percorriamo una strada che non è la nostra.
 


Forse in precedenza abbiamo incontrato un bivio di fronte al quale abbiamo
fatto una scelta, più o meno consapevole, più o meno forzata, ed ora ci
troviamo sulla strada sbagliata.





E più siamo lontani dalla nostra VERA
strada
e più soffriamo. 





Questo è il senso della sofferenza






L'unico
modo per ritrovare la nostra via è la
CONSAPEVOLEZZA: leggersi dentro, interrogarsi, lasciare
emergere il nostro sub-conscio affinché possa comunicarci chi siamo realmente,
è questa l'unica via!
 


Aumentando il nostro livello di consapevolezza, inutile dannarsi se non siamo una Ferrari, il
nostro splendido essere una meravigliosa e unica bicicletta ci riporterà
sulla nostra pista ciclabile, consapevoli e felici!








Dal
momento che ci si scopre a soffrire ecco che ci si deve rendere conto che non
si è consapevoli, perché se lo fossimo stati non avremmo intrapreso la strada
sbagliata.



Da qui perciò la necessità di domandarci chi siamo realmente, dopo
esserci chiesti chi crediamo di essere.
 


La risposta non sarà né immediata, né facile, né sempre accettabile.
 


Attraverso l’introspezione ma anche attraverso l’aiuto di chi ci sta accanto e
ci conosce, cominciamo a scoprirci, evitando di continuare a “mentirci
addosso”. 






Se
abbiamo solo due ruote non possiamo essere una Ferrari, forse saremo una
motocicletta o uno scooter o una bicicletta, dobbiamo cominciare ad
accettarlo. 




Se
poi la nostra scoperta non ci piace, non dobbiamo rifiutarla ma eventualmente
adoperarci per cambiare verso ciò che vorremmo essere.